Prassitele, detto il Grande, scultore della Grecia classica (Atene, V-IV sec. a.C.-seconda metà del IV sec. a.C.). Figlio di Cefisodoto e padre di Cefisodoto e Timarco, entrambi scultori. Contrariamente ai grandi artisti del V sec. a.C., che predilessero il bronzo, realizzò statue prevalentemente in marmo, spesso vivificate dall'opera del pittore Nicia; espresse un ideale di bellezza giovanile, ricco di morbida grazia. Ritrasse divinità fiorenti, in forme dolci e allungate. Fu uno degli artisti più ammirati dell'antichità. Alcuni critici distinsero l'attività di Prassitele in tre periodi: peloponnesiaco, attico, asiatico, in base alla diversa destinazione delle sue opere. Anche seguendo un criterio di valutazione cronologico, è possibile distinguere tre fasi: una, detta «prima maniera», in cui Prassitele appare ancora legato alla tradizione di Policleto (di cui è tipica espressione il «Satiro coppiere»); una seconda fase, detta «seconda maniera», in cui Prassitele. scolpì le statue delle Veneri e di Eros; infine una terza, detta «maniera matura o terza», caratterizzata da una nuova ponderazione delle statue, alla quale appartengono l'«Ermete di Olimpia», il «Fauno in riposo», l'«Apollo Sauroctono». Delle circa quaranta opere di cui si ha notizia scritta, ci è pervenuto un solo originale: l'«Ermes di Olimpia». L'«Afrodite di Cnido» fu ritenuta dagli antichi il capolavoro di Prassitele. Molto noti e apprezzati furono l'«Eros», che noi conosciamo in molte copie, la migliore delle quali è conservata al Palatino, il simulacro di «Ebuleo», una copia della testa è in Vaticano, la «Diana di Gabis», ora al Louvre e il «Bacco barbuto», copia in Vaticano.
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