Unità di conto e monete ateniesi
L’introduzione della moneta nel mondo antico fu assai più che un semplice cambiamento di forma di pagamento perché segnò il passaggio da un modo di vivere esclusivamente agricolo a quello urbano, con relativo incremento del commercio. Le prime monete greche vennero coniate a Egina (VI sec. a.C.) ed erano in argento, metallo che abbondava nelle miniere locali: erano di forma quadrata con incisa una tartaruga, simbolo della città. Per l’intensa attività commerciale di questa popolazione, la tartaruga ebbe larga diffusione e il suo standard venne imitato anche da altre città della Grecia.
Con l’espandersi del commercio la difficoltà divenne così quella di avere soldi di valore differente a seconda dell’area geografica di provenienza: nacquero così al Pireo, il porto di Atene, i primi cambiamonete che esibivano valute delle diverse città con impressi simboli vari per lo più presi dal mondo animale. Col tempo il conio divenne anche espressione di autonomia, libertà e sovranità statale e ogni grande città aveva la sua zecca (argyrokopeion): quella di Atene aveva sede nel luogo dove venivano conservati pesi e misure campione posti sotto il controllo di appositi funzionari. Solo la moneta emessa da città che godeva di buona credibilità politica ed economica e che quindi dava maggiori garanzie era riconosciuta ed accettata lontano dal suo centro di emissione. Avvenne così che alcuni centri si unissero per emettere congiuntamente una valuta. La prima documentazione al riguardo risale al V sec. a.C.: in un decreto noto con il nome del magistrato proponente, Clearco, Atene impose a tutte le città della lega delio-attica l’adozione di una valuta unica, vietando così di battere la propria. Tale misura si collocava nel complesso di una serie di decreti enunciati per organizzare l’apparato di tasse imposte al fine di recuperare i costi delle conquiste.
La storia delle monete greche può essere suddivisa, al pari di altre forme d’arte, in periodi: arcaico, classico ed ellenistico. Durante il periodo arcaico le monete erano relativamente grezze rispetto agli standard successivi: solitamente piccole gocce di oro o argento a forma di fagiolo marcate con un disegno geometrico o con un simbolo che indicava la città di provenienza. Prima della dominazione ateniese il sistema di scambi era basato su quello già in vigore in Asia e aveva come unità principale il talento. Un talento era, nel mondo agricolo, la designazione del peso che un uomo riusciva a trasportare. Questa misura venne poi ufficializzata e rappresentata dalla massa di acqua necessaria per riempire un'anfora (antica misura di volume che corrispondeva ad un piede cubico). Il suo peso venne quindi determinato in circa 30,25 chili di argento a sua volta diviso in 60 mine. Le mine e i talenti non furono mai realmente emessi: erano soltanto misure di peso usate sia per le merci che per i metalli preziosi e fungevano da sistema di riferimento per l’economia di tutti gli Stati.
Per rendere l’idea del valore delle unità di conto usate al tempo, l’equipaggio di una barca composto da 200 vogatori veniva pagato un talento per un mese di lavoro; vale a dire una dracma (4,3 grammi di argento) per vogatore al giorno. Secondo i salari in vigore nel 377 a.C., un talento era il valore di nove anni di lavoro di un operaio qualificato. Con il miglioramento delle tecniche di produzione, le monete divennero più standardizzate e presero la forma di piccoli dischi metallici.
Le monete dell'antica Grecia sono considerate le più belle e di maggiore contenuto artistico tra tutte quelle prodotte nell’antichità e loro comune caratteristica era quella di essere battute a martello. I disegni venivano incisi al contrario in blocchi di ferro detti conii. Un dischetto d’oro o d’argento, che veniva riscaldato per essere più malleabile, veniva sistemato tra questi due blocchi. Il conio superiore veniva battuto imprimendo così l’immagine su entrambe le facce della moneta.
L’alto standard tecnico raggiunto dalle monete greche, con una perfetta centratura dell’immagine sul disco metallico è anche testimonianza dell’estremo perfezionismo dei greci in tutte le espressioni artistiche.
Le monete greche erano caratterizzate da un elevato rilievo delle immagini raffigurate e questo tipo di coniazione segnò un passo avanti anche sotto il profilo estetico, essendo spesso frutto del lavoro di grandi artisti. Improntò anche un’evoluzione del conio delle monete che le città più grandi producevano in gran varietà e che presentavano da un lato il ritratto della divinità protettrice o di un eroe, e dall’altra il simbolo della città. Le monete iniziarono così a essere considerate strumento di propaganda per celebrare eventi e personaggi, dato che erano durevoli, viaggiavano e venivano viste da tante persone: divennero così ideali per la diffusione di messaggi politici. Il decadracma (dieci dracme) venne emesso da Atene in seguito alla vittoria nelle guerre persiane: recava incisa la civetta simbolo della città con le ali distese e un ramoscello d’olivo nel becco, a significare la potenza ma anche l’amore per la pace.
Il mondo greco era però diviso in un migliaio di città (πολεις) indipendenti e la maggior parte di queste emetteva le proprie monete. Per facilitare il commercio tra le città con il tempo le furono battute in valori standard. Le conseguenze dell’introduzione della moneta e di un siffatto sistema di commercio, ebbe come conseguenza il crollo delle oligarchie fondiarie, consentendo alle borghesie commerciali di possedere un mezzo di scambio sostitutivo dei beni immobiliari.
Le unità monetarie
Per questioni commerciali le monete indicavano soprattutto unità di peso, come era appunto la dracma. Quando si iniziarono a coniare le monete (VI a.C.), la dracma iniziò a essere usata ovunque e intorno al V sec. a.C. vennero prodotti tondini da 4 dracme (tetradracmi) e didracmi (o statere) del valore di due dracme (8,7 g. di argento). Il nome dracma deriva dal verbo δράττω (dratto, afferrare).
Inizialmente infatti una dracma era costituita da sei spiedi di metallo utilizzati come valuta fin dal 1100 a.C. Questo spiedo veniva chiamato obolo. Sei oboli, cioè sei spiedi, era quanto un uomo riusciva a tenere in una mano: una manciata, appunto.
Unità fondamentale del sistema monetario ateniese divenne quindi l'obolo, che corrispondeva grossomodo a 0,72 grammi di argento. Valeva quanto quanto un kantharos e un chous (circa 3 litri) di vino. Era l’unità di misura più piccola e solo in seguito venne suddiviso in 8 khalkoì che erano solitamente battuti in rame. Inizialmente l’obolo era usato come misura di peso, così che sei oboli facevano una dracma o una manciata (drax). L’obolo infatti era lo spiedo usato per raccogliere i pezzi di carne dati come stipendio ai magistrati addetti alle misurazioni ufficiali. Queste venivano eseguite sulla piazza principale di Atene (l’agorà) e ogni funzionario si recava a ritirare con lo spiedo il pezzo di carne stabilito. Quando, in Attica, questo assunse le caratteristiche di unità di misura per il baratto e venne sostituito da un peso prefissato in ferro, il popolo continuò a chiamarlo obolo (spiedo). Sei oboli costituivano sempre una dracma, ma vi erano anche monete che valevano due oboli (dioboli) e anche tre oboli (trioboli).
Tre oboli era normalmente considerato il giusto pagamento per le prostitute. Le persone defunte venivano inoltre seppellite con un obolo sotto la lingua perché si credeva fosse il pagamento richiesto da Caronte per il passaggio in barca attraverso l’Acheronte, fiume che divideva il mondo dei vivi dal mondo dei morti. Chi infatti non avesse avuto abbastanza ricchezza o anche abbastanza amici in grado di eseguire il rito funebre, sarebbe stato costretto a vagare lungo le sponde del fiume per sempre.
Svariate furono dunque le emissioni monetarie nel mondo greco, che corrispondevano ognuna ad una città sovrana. Si affacciò, col trascorrere del tempo, l’esigenza di superare tanti particolarismi con un mezzo di scambio unificato che, di fatto, fece seguito all’unificazione politica. Alessandro Magno esportò la nozione di moneta greca a tutti i territori da lui conquistati e l’uso della dracma si diffuse ovunque, mantenendosi in Grecia fino ai nostri giorni.
Unità | Nome | Misura | Valore |
Obolo | ὀβολός | 1/6 δραχμές | 0,73 g |
Dracma | δραχμή | 6 ὀβολοί | 4,36 g |
Statere | στατήρ | 2 δραχμές | 8,7 g |
Mina | μνᾶ | 100 δραχμές | 436 g |
Talento | τάλαντον | 60 μναῖ | 26,2 kg |
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