Da “dios” e “kuroi”, ovvero “figli di Zeus”, portarono il nome di Castore e Polluce. Castore fu generato da Zeus e Leda con la sorella Clitennestra, mentre Polluce da Tindaro e Leda, assieme ad Elena e perciò detti Tindari. Si narra che Castore e Polluce nacquero da un uovo di Leda, trasformata in oca da Zeus che divenuto cigno la sedusse; al primo toccò natura mortale, l'abilità nell'arte della guerra e nel domare i cavalli, mentre al secondo quella di immortale e la destrezza nel pugilato. Furono acclamati da poeti e cantori che li glorificavano quali simbolo dell'amore fraterno. S'impegnarono poi a fianco degli dèi nella lotta contro i Giganti. Cresciuti s'innamorarono delle figlie di Leucippo, già promesse a Ida e Linceo, anch'essi gemelli e cugini dei Dioscuri, che giurarono vendetta. Ida uccise Castore facendo infuriare Polluce che si vendicò su Linceo; quando Ida stava per infilzarlo, fu incenerito da Zeus, accorso in soccorso del figlio. Polluce disperato chiese al dio di riprendersi il dono dell'immortalità per continuare a stare con l'amato fratello. Essendo l'immortalità irrevocabile, Zeus gli propose di vivere un giorno in Olimpo con Castore, un altro negl'Inferi. A partire da quel momento non poterono più proteggere personalmente la sorella Elena e si limitarono a seguirne la nave, risparmiandola dalla potenza delle onde. Furono perciò venerati dai marinai e anche nel mondo romano dov'erano chiamati Castores.
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