Mitologia greca

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Eschilo

Poeta tragico greco (Eleusi 525-456 a.C.). Partecipò alle guerre persiane e fu a Maratona, Salamina, Platea, tanto che Aristofane vide in lui il rappresentante della generazione che, col trionfo sui Persiani, pose le basi alla libertà dello Stato ateniese. Si recò poi in Sicilia, alla Corte del tiranno Gerone. Nel 468 tornò ad Atene, ma dieci anni dopo ripartì per la Sicilia e passò gli ultimi anni della sua vita a Gela. Gli furono attribuiti 90 drammi; se ne conservano 7 e frammenti di alcuni altri. Il mito, che egli accoglie dalla poesia epica, acquista nelle sue opere valore di una raffigurazione ideale, che assomma le contraddizioni dell'umana esistenza e dello stesso mondo divino. Proprio da questa esperienza dolorosa, portata alla più alta espressione drammatica, nascono per gli uomini la consapevolezza del destino e l'ammaestramento. Eschilo introdusse un secondo attore e fece del dialogo il vero protagonista del dramma. Predilesse la forma della trilogia legata: infatti, ponendo come presupposto la solidarietà, nella colpa come nella punizione, dei membri di una medesima famiglia, il poeta della giustizia divina era in grado di cogliere, nello svolgersi del tempo, quel trionfo della giusta vendetta che non poteva esaurirsi nell'ambito di una sola generazione. Questa tragica catena di delitti e di punizione viene interrotta solo dalla bontà di una divinità pacificatrice. Così nella «Orestea» («Agamennone», «Coefore», «Eumenidi»), unica trilogia superstite, le antiche colpe delle due dinastie dei Pelopidi e dei Tindaridi si assommano nella persona di Oreste, il quale, mentre uccidendo la madre adempie a un volere divino che impone la vendetta del padre ucciso, ne viola un altro che vuole rispetto per i genitori: solo la grazia celeste può liberarlo dalla stretta esasperante. Analoghi contrasti si notano in tutte le altre tragedie («Danaidi», «Persiani», «I Sette a Tebe», «Prometeo incatenato»). A questa drammatica concezione del nostro tragico destino, corrispose la grandiosità della rappresentazione scenica, atta a colpire l'immaginazione, mentre queste passioni sovrumane, tutte protese verso la loro meta, si esprimono in un linguaggio immaginoso e ardito, da cui traspare il vigore di un'alta fantasia creatrice.



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